mercoledì 29 febbraio 2012

finchè lo spreco non sarà chiamato con il nome giusto

Se io prendo 50 euro che mi ha dato il mio amico Cristian Iotti per comprare dei libri di scuola e li uso per darli ad un'altro mio amico che si chiama Luigi Sartori che li usa per comprare un soprammobile per il proprio ufficio, cosa succede?
Ci sono due ipotesi.
La prima è che chiamiamo tutto con una parolina magica, cioè SPRECO, e si risolve con qualche malumore.
La secona è che quei soldi che non ho usato per la scuola ma per i cazzi miei vengono considerati secondo la realtà: un FURTO. E si risolve con una bella denuncia, una rimozione dall'incarico e i pagamenti dei danni con relativa multa.
Un politico, un dirigente, un ente che Spreca è un Ladro. Un presidere che butta via soldi è un Ladro. E come tale deve non solo essere trattato ma anche pubblicamente definito e sbeffeggiato.

sabato 14 gennaio 2012

Casa Pound

E assurdo vedere la nascita di associazione culturali che si rifanno al Fascismo.
Va bene confrontarsi con le scelte amministrative che fece il Fascismo: dall'ideazione delle pensioni, alla gestione urbanistica, alla bonifica di numerosi territori per lo sviluppo dell'agricoltura. Ma tutto ciò non può minimamente compensare e perdonare il danno culturale portato dal fascismo: la cultura dell'arroganza, delle sudditanza, della censura e della paura. E dopo un danno così ampio che tutt'ora stiamo ancora smaltendo, come può aver senso che la cultura fascista si stia diffondendo tramite associazioni culturali?

NO TAV, che errore!

I NO TAV sbagliano. Commettono un grave errore.
Sì, un errore enorme: la Sintassi.
E' un movimento composta tendenzialmente da persone con uno spirito ecologico che odia le multinazionali del petrolio e sostiene una mobilità ecologica. E allora perchècacchio se la prendono con la costruzione di un treno? Assurdo se non fosse che hanno lasciato per strada una parolina che avrebbe spiegato tutto: "questa".
Cari NO TAV dove cacchio è finito il "questa" dello slogan "NO A QUESTA TAV"?
Ma sapete quante inomprensioni, polemiche, dissensi, etc. quella parolina colpevolmente omessa vi avrebbe risparmiato?

mercoledì 7 dicembre 2011

L'economia italiana si basa sul..uhm...cazzeggio?

L'altro giorno in diretta tivù c'era il governo che presentava l'emendamento: ici, irpef, accise, pensioni, sgravi, tassazioni, rapporti con l'ue, scudo fiscale, etc. etc. (etc è 'eccetara' e non una sigla di una nuova tassa).
Sono un imbianchino, decisamente italiano medio, e quindi la maggior parte delle cose non le ho capite. Però una cosa sì, mi è chiara: un piccolo prelievo, ad esempio sulla benzina di 10 centesimi, moltiplicato per milioni di persone diventa uno grosso incasso per lo stato. Questo banale meccanismo mi ha dato da pensare ad una cosa: da buon italiano medio ho un'esigenza come la stragrande maggioranza degli italiani: andermene in piazza, beccarmi con i miei amici, prendere un caffè, fare due chiacchiere e poi magari ci facciamo un giro e ci infliamo in qualche negozietto e ci compriamo qualche minchiatina; in una parola: cazzeggiamo!
Ma questo diventa sempre più impossibile per via che le piazze sono impraticabili, i negozi chiudono e quelli che rimangono sono tuttiguali e le iniziative che intrattengono in piazza sempre meno e sempre più pallose. L'alternativa è il centro commerciale, ma come tutti, ci vado da solo, solo per comprare, e ci sto il tempo per l'acquisto.
Avete mai sentito un tedesco dire "vado in piazza?" oppure "ci troviamo in centro?".
E allora mi domando: ma che danno economico da dieci centesi per milioni di persone provoca lo spostamento dalle piazze italiane ai centri commerciali in stile americano-tedesco?
E allora la realtà delle piazze e non quella degli Statisti è che tutti i grafici germanofili che costruiscono maxiemendamenti pieni di lettere siglate non potranno mai essere economicamente così efficienti come un microemendamento in favore del sacrosanto cazzeggio italico!
firmato: ITALANO MEDIO.

lunedì 24 ottobre 2011

Simoncelli

Vedendo quello che è successo ieri mattina, qualche centinaio di migliaia di motociclisti esaltati, sparsi in tutto il mondo, ieri pomeriggio ha evitato di andare a manetta e quindi di schiantarsi.
A loro Simoncelli ha salvato la vita.

mercoledì 12 ottobre 2011

Officina delle Arti - THE END - per me.

In galera ho conosciuto un ragazzo pocopiù che ventenne. Era dentro per un reato gravissimo: aveva rubato un I-pod. Sì, si è fatto quasi sei mesi. Sì, giuro, rubato un I-pod. Non si rubano gli I-pod ed è giusto essere condannati. Sei mesi, però, sono decisamente tanti; forse bastavano sei giorni, o, esagerando, sei settimane.
Ma cosa c'entra questo con Officina delle Arti?
Nulla, assolutamente nulla. Solo che mi viene da raccontarvi come introduzione questa storia. Non so perchè, non viene dal cervello ma da qualche altra parte del corpo, forse lo stomaco, forse il culo.
Ma veniamo ad Officina. Per me, che ho concluso la mia esperienza lì pochi giorni fa, è il momento di fare un bilancio. Non voglio però fare un bilancio personale perchè di fronte ad una struttura pubblica che ha una funzione pubblica, mi sembra redicolo, offensivo, fuorilogo, eccetera, raccontarvi "ma io qui", "ma io là". Meglio capire cosa serve Officina e come mai non ha funzionato.
Il ruolo di officina - come ho già scritto in post precedenti - è quello di dare alla città uno spazio da vivere nel quotidiano dove si può passare qualche ora bevendo un buon caffè e curiosando negli atelier di artisti che producono le proprie cose. Molto semplice e molto interessante. Osservare il 'dietro le quinte' di un lavoro artistico, scambiare due chiacchiere con gli artisti, e ogni tanto assistere a qualche evento è il senso di officina. Una struttura in realtà facile da gestire perchè funziona da se. Occorre solo una semplice cosa: aprirla.
Ma questa semplice apertura non è avvenuta e la situazione che si è creata negli anni era paradossale: una struttura che funzionava però chiusa. E come avere un ristorante che va a pieno regime ma tiene le porte chiuse: voi da fuori, attravrso i vetri, vedete che ci sono i cuochi che cucinano e i cammeriri che preparano i tavoli ma non potete entrare. Ma la differenza è una ed è enorme: è che il "cibo" che si sta producento dentro officina l'avete già pagato e anche a caro prezzo: 145 mila euro all'anno.
Perchè questa semplice apertura (che si realizzava automaticamente attraverso la gestione del bar) non è avvenuta? Non ho sufficiente intelligenza per capirlo. E come me neanche le centinaia e centinaia di reggiani che alla parola "Officina delle Arti" fanno quella faccia lì, schifata, che avete fatto anche voi ad inizio post.
Se non c'è una risposta alla domanda ci sono i nomi di tutti coloro coinvolti in questo progetto andato male:
ATELIERISTI. Ovviamente è un punto di vista parziale e forse le colpe che abbiamo sono superiori a quelle che pensiamo. Comunque. Atelier sempre attivi e quindi potenzialmente visitabili. Progetti proposti molti tra cui anche una trasformazione d'uso da Officina delle Arti a Officina della Cultura (e quindi cambio gestione con coinvolgimento di più assessorati). Sicuramente dovevamo metterci più grinta e arroganza. Colpevoli anche se in minima parte. Risultato, giustamente, FUORI da officina.
PIETRO MUSSINI. Angelo e Demone di Officina. E lui che l'ha creata ed è lui che ha contribuito a distruggerla con una serie di non risposte, mancate progettazione, etc. Colpevole con giustificazione ma colpevole. Risultato: andato in pensione e quindi FUORI da Officina.
ELISABETTA FARIOLI. Responsabile di Officina. E lei che ha stabilito la linea di gestione, la programmazione, la scelta di tenere il bar chiuso, di non venire mai a vadere cosa capitava, di bocciare progetti e di tutto ciò che è avvenuto e non avvenuto. A lei, sostanzialmente, si deve la gestione di tutta quanta la faccenda. Non è l'unica colpevole ma decisamente la pricipale colpevole. Risultato: NON FATTA FUORI (per ora)
L'idea di chiudere questo ciclo di Officina con la soluzione del taglio lineare in stile Tremonti, cioè tutti fuori-tabula rasa-si comincia da capo, è per molti versi discutibile ma di fronte alla reputazione che Officina ha in città è più che comprensibile. Fuori tutti, si ricomincia. Ed è proprio in questo "si ricomincia!" che c'è finalmente, dopo anni, qualcosa di concretamente positivo.
Come ho raccontato la storia del ladro di I-pod qui sul blog senza alcun motivo, racconterò la storia di Officina là in galera. Non so ancora se concluderò con "han fatto fuori tutti" oppure con "la principale responsabile è ancora là a comandare". Ma al di là della conclusione del racconto la chiecchierata si chiuderà così: il rapintatore di banca salterà su è dirà "Simò, pure io ho fatto un banale prelievo di soldi pubblici e gli ho sprecati! E son finito qui! Capita sai? non te la prendere dai!".
Una buona battuta è una gran cosa. Ora si riprende a produrre che è meglio.
Scordavo una cosa: in tutto questo l'Assessore c'entra qualcosa? Ha sempre avuto un ruolo defilato perchè di fatto su Officina aveva un ruolo defilato in quanto la direzione di Officina era delegata completamente in mano alla Farioli. Ora però si ricomncia da zero e la prima decisione da prendere è sua: si ricominciare da zero?

sabato 24 settembre 2011

LA SCOMMESSA. Via Turri a Reggio.

(In un post scritto qualche giorni fa sottolineavo come siamo capaci di bontolare contro le istituzioni che funzionano in modo criminale ma non siamo minimamente capaci di arrangiarci. C'è un problema? O si affronta tramite le istituzioni o son maroni).

A reggio emilia c'è la zona di via Turri (o stazione): immigrazione incontrollata che diventa ghetto con vari problemi. Un posto pessimo per vivere ma perfetto per dare sfogo a tutta la forza dell'arte nel ristrutturare il contesto sociale-culturale. Lì ci sono un tot di locali, magazzini, negozi, laboratori, rimasti vuoti da tempo. Ecco la SCOMMESSA:
Scommetto con i proprietari degli immobili che nel giro di un paio d'anni quel quartiere può inizare ad avere una reputazione diversa e di conseguenza i loro immobili aumentare di valore. Non si chiede uno spazio gratis, ne uno sconto sull'affitto ma una caratteristica ben più concreta: LA QUOTA VIENE VERSATA NON DIRETTAMENTE AL PROPRIETARIO MA IN UN FONDO. Il 31 ottobre 2013 si verifica la situazione del quartiere: se non è più un ghetto ma è diventato parte della città il fondo viene utilzzato per FINANZIARE PROGETTI ARTISTICI NEL QUARTIERE, se invece il quartiere è tale e quale il fondo viene INCASSATO DAL PROPRIETARIO.
Tutto molto semplice, vero?