Ecco un suggerimento molto valido dell'artista Thomas Hirschhorn
"Il problema dei cataloghi è che spesso voglione essumere autorità.
Un catalogo viene spesso concepito con l'intento di legittimare o rivalutare l'opera d'arte. Lo rifuto. Un catalogo dovrebbe infromare, creare coscienza, dicutere i collegamenti e i contesti. Dovrebbe dare spazio a domande, non cercare di convincermi della validità di un'opera e, soprattutto, non dovrebbe essere intimidatorio attraverso la sua forma e il suo stile"
giovedì 22 settembre 2011
domenica 11 settembre 2011
siamo statalisti, colpevolmente statalisti.
Il problema è che siamo culturalmente statalisti: ragioniamo inconsapevolmente come se il rapporto tra di noi deve essere esclusivamente gestito dallo stato. E questo non è riferito a quei servizi come la sanità o la scuola che devono ovviamente essere di gestione pubblica. E' riferito a qualsiasi altro progetto che ha bisogno di referenti e finanziamenti. Se abbiamo una buona idea la prima cosa che pensiamo è quale apparato pubblico ce lo può finanziare. Non pensiamo ha chi serve quel progetto. Non pensiamo, ad esempio, che il punto di vista di un matto può essere utile a chi deve innovare. Non pensiamo, ad esempio, che un'istituto d'arte può proporre nuove idee di design e architettura per attività commerciali.
Questo è un hadicap culturale che ci ha ridotto in una condizione grave: mettere la nostra economia in mano all'amministrazione pubblica per lo più fatta da incompetati. La politica ha tutto il nostro dissenso ma ha il il nostro ampio consenso culturale quando sostanzialmente diciamo "fate voi".
E' questo "fate voi" il grosso problema da superare con un semplice e banale principio: "facciamo noi". E non si chiama liberismo ma più semplicemente "collaborazione".
a presto?
Questo è un hadicap culturale che ci ha ridotto in una condizione grave: mettere la nostra economia in mano all'amministrazione pubblica per lo più fatta da incompetati. La politica ha tutto il nostro dissenso ma ha il il nostro ampio consenso culturale quando sostanzialmente diciamo "fate voi".
E' questo "fate voi" il grosso problema da superare con un semplice e banale principio: "facciamo noi". E non si chiama liberismo ma più semplicemente "collaborazione".
a presto?
martedì 6 settembre 2011
mentalità nell'amministrazione pubblica.
(questo giro sarò qualnquista, ma di un qualunquismo scontatissimo. Purtroppo a volte è inevitabile per contrastare la tendenza tipicamente italiani di sorvolare per il quieto vivere).
Cosa deve fare un'ammistrazione pubblica? Molto semplice: lavorare.
Non occorre spendere, finanziare, sostente, assiste. Occorre semplicemente adare in ufficio e lavorare. Lavorare significa fare ricerca, creare contatti, mettere a sistema e organizzare. Molto semplice no? Economico no? No, non economico, peggio ancora: gratuito, perchè di gente negli uffici pubblici ce nè a iosa.
E invece no: a dominare è la mentalità dell'assistenzialismo: si finanzia un progetto e poi...poi? poi basta. Sì perchè dare agevolazioni per l'amminstrazione pubblica significa sostenerlo. Che il progetto ha bisogno di contatti, di entrare in rete, circolare, etc. questo no, non esiste. E come se si spendono un sacco di soldi per finanziare l'acquisto di auto e poi non si fanno le strada. Così le macchine, belle e costose, se ne stanno in garage e le persone che le devono usare rimangono in casa e i comodi sedili della auto vengono usate dai gatti come cuccia.
Così abbiamo una serie di attività che ricevono finaziamenti pubblici che non entrano in contatto con altri soggetti che hanno bisogno (e sono disposti ad investire) in queste attività; i primi non sanno come proporsi (inviare una mail o telefonare come un veditore di telefonia?? sucidio) e i secondi non sanno dove cercare.
Non esiste una "piattaforma" di riferimento, una "piazza" in cui entrare in contatto, confrontarsi e produrre.
E allora fate ste cacchio di strade e piazze, che poi ci si va anche a piedi o in bici. Della macchina in garage non ce ne facciamo nulla.... Come? Come dite: e poi i gatti dove li mettiamo?
Cosa deve fare un'ammistrazione pubblica? Molto semplice: lavorare.
Non occorre spendere, finanziare, sostente, assiste. Occorre semplicemente adare in ufficio e lavorare. Lavorare significa fare ricerca, creare contatti, mettere a sistema e organizzare. Molto semplice no? Economico no? No, non economico, peggio ancora: gratuito, perchè di gente negli uffici pubblici ce nè a iosa.
E invece no: a dominare è la mentalità dell'assistenzialismo: si finanzia un progetto e poi...poi? poi basta. Sì perchè dare agevolazioni per l'amminstrazione pubblica significa sostenerlo. Che il progetto ha bisogno di contatti, di entrare in rete, circolare, etc. questo no, non esiste. E come se si spendono un sacco di soldi per finanziare l'acquisto di auto e poi non si fanno le strada. Così le macchine, belle e costose, se ne stanno in garage e le persone che le devono usare rimangono in casa e i comodi sedili della auto vengono usate dai gatti come cuccia.
Così abbiamo una serie di attività che ricevono finaziamenti pubblici che non entrano in contatto con altri soggetti che hanno bisogno (e sono disposti ad investire) in queste attività; i primi non sanno come proporsi (inviare una mail o telefonare come un veditore di telefonia?? sucidio) e i secondi non sanno dove cercare.
Non esiste una "piattaforma" di riferimento, una "piazza" in cui entrare in contatto, confrontarsi e produrre.
E allora fate ste cacchio di strade e piazze, che poi ci si va anche a piedi o in bici. Della macchina in garage non ce ne facciamo nulla.... Come? Come dite: e poi i gatti dove li mettiamo?
sabato 23 luglio 2011
precario, cap. 2
Premetto. Non ce l'ho con i precari, anzi, ci sono dentro anch'io a piedipari.
Ma, per favore, la definizione precario è una presa in giro. Per vari motivi, che elenco di seguito:
- il "precario" è un termine inventato da politicanti che appartengono ad una categoria e una generazione che a ridotto i trentenni a una codizione lavorativa miserevole. Ci riducono in queste condizioni e poi ci commiserano anche?? mi sa un po' di presa in giro.
- il "precariato" non è la condizione attuale: siamo messi ben peggio. Perchè il problema è che il lavoro non c'è. Altrochè precario, peggio, molto peggio. E allora definire il problema come "precario" mi sembra al quanto riduttivo: come dire ad un malato di leucemia che il suo problema è il mal di denti. mi sa un po' di presa in giro.
- il "precario" è quello che non ha il "posto fisso" e il "posto fisso" è il modello lavorativo che per trentanni a paraculizzato l'italia creando un sistema di lavoro in cui l'obiettivo non era 'costruire qualcosa' ma 'piazzare il proprio fondoschiena al caldo'. Questo, economicamente ha dato parecchia tranquillità (sopratutto alle banche in caso di mutuo) ma ha pesantemente influito sulla mentalità, sull'assenza di stimoli, e su una pigrizia ormai diffussissima. Essere considerati precari significa avere ancora come riferimento un sistema socio-economico che ci ha ridotto a una condizione ben peggiore del precariato. mi sa un po' di presa in giro.
La battaglia per il precariato è sacrosanta e indiscutibilmente giusta. Nel mio primo post ho ricevuto commenti in cui i precari venivano difesi. Non ho mai attaccato i precari, sia ben chiaro. Con questi post voglio solo istigare ad una visione più concreta in cui si prende atto che molti mestieri (come quelli legati alle costruzioni edili) non hanno più senso di esistere e che molti altri si devono reinventare o comunque modificare perchè le esigenze e i desideri delle persone stanno rapidamente (e forzatamente) cambiano.
O ce ne andiamo tutti in cina e india oppure è il momento di costruire qualcosa di nuovo. Quest'ultima ipotesi, se ci pensate bene, è una gran bella occasione per vivere meglio.
Ma, per favore, la definizione precario è una presa in giro. Per vari motivi, che elenco di seguito:
- il "precario" è un termine inventato da politicanti che appartengono ad una categoria e una generazione che a ridotto i trentenni a una codizione lavorativa miserevole. Ci riducono in queste condizioni e poi ci commiserano anche?? mi sa un po' di presa in giro.
- il "precariato" non è la condizione attuale: siamo messi ben peggio. Perchè il problema è che il lavoro non c'è. Altrochè precario, peggio, molto peggio. E allora definire il problema come "precario" mi sembra al quanto riduttivo: come dire ad un malato di leucemia che il suo problema è il mal di denti. mi sa un po' di presa in giro.
- il "precario" è quello che non ha il "posto fisso" e il "posto fisso" è il modello lavorativo che per trentanni a paraculizzato l'italia creando un sistema di lavoro in cui l'obiettivo non era 'costruire qualcosa' ma 'piazzare il proprio fondoschiena al caldo'. Questo, economicamente ha dato parecchia tranquillità (sopratutto alle banche in caso di mutuo) ma ha pesantemente influito sulla mentalità, sull'assenza di stimoli, e su una pigrizia ormai diffussissima. Essere considerati precari significa avere ancora come riferimento un sistema socio-economico che ci ha ridotto a una condizione ben peggiore del precariato. mi sa un po' di presa in giro.
La battaglia per il precariato è sacrosanta e indiscutibilmente giusta. Nel mio primo post ho ricevuto commenti in cui i precari venivano difesi. Non ho mai attaccato i precari, sia ben chiaro. Con questi post voglio solo istigare ad una visione più concreta in cui si prende atto che molti mestieri (come quelli legati alle costruzioni edili) non hanno più senso di esistere e che molti altri si devono reinventare o comunque modificare perchè le esigenze e i desideri delle persone stanno rapidamente (e forzatamente) cambiano.
O ce ne andiamo tutti in cina e india oppure è il momento di costruire qualcosa di nuovo. Quest'ultima ipotesi, se ci pensate bene, è una gran bella occasione per vivere meglio.
domenica 17 luglio 2011
STUDIO APERTO e il MONDO DELL'ARTE.
Il maggior rappresentate del mondo dell'arte in tivù è Studio Aperto, il tg su italia uno delle dodici e trenta.
Ci vuole poco a capire che il direttore è un critico d'arte o un'artista da museo, o comunque potenzialmente potrebbe esserlo. Il modo di pensare è esattamente lo stesso, cambia soltanto la forma. Sì, perchè il mondo dell'arte la pensa esattamente come studio aperto: le gente non è altro che una massa dei poveri imbecilli. Cambia solamente la forma: mentre Studio Aperto ha deciso di assecondarli prendendoli per il culo con servizi canzonatori, il mondo dell'arte ha deciso di snobbarli con mostre dal tono irritante.
In entrambi i casi c'è un Direttore che in riunione al momento di decidere cosa fare, premette: "intanto la gente non capisce niente".
Ci vuole poco a capire che il direttore è un critico d'arte o un'artista da museo, o comunque potenzialmente potrebbe esserlo. Il modo di pensare è esattamente lo stesso, cambia soltanto la forma. Sì, perchè il mondo dell'arte la pensa esattamente come studio aperto: le gente non è altro che una massa dei poveri imbecilli. Cambia solamente la forma: mentre Studio Aperto ha deciso di assecondarli prendendoli per il culo con servizi canzonatori, il mondo dell'arte ha deciso di snobbarli con mostre dal tono irritante.
In entrambi i casi c'è un Direttore che in riunione al momento di decidere cosa fare, premette: "intanto la gente non capisce niente".
martedì 21 giugno 2011
Precario
Precario è una delle parole più insulse e insopportabili che esistano: puzza di invidia, di vecchio, di paraculaggine. Il precario è quello che vorrebbe essere non-precario, cioè "fisso", in un ufficio per 40 anni, con la panza e il culo parato in eternità, che fa lo stesso lavoro sempre, nello stesso posto, possibilmente statale, che va a letto alla sera senza preoccupazioni se non se la domenica piove o fa bello per via della gita. Sono come quei poveri che potrestano contro i ricchi perchè non hanno un giardino con il recinto e l'antifurto ma non si rendono conto che intorno a loro ci sono centinaia di km di giardino splendido non deturpato da uno squallido recinto, un pratino iglese cacatoio per cani, e un'ansioso antifurto.
Precario è un'idea vecchia, parassita, di un modo di protestare conservatore e paraculo che brontola in nome dell'io e dell'anti.
Precario è un insulto a chi vuole rischiare, costruire qualcosa di nuovo, innovare, condividere, confrontarsi, produrre e migliorare. E' la difesa estrema di una mentalità lavorativa celebrolesa e anticreativa.
Non a caso, la parola "precario", è stata inventata da qualche vecchio parassita politico, o giornalista, o sindacalista.
Precario è un'idea vecchia, parassita, di un modo di protestare conservatore e paraculo che brontola in nome dell'io e dell'anti.
Precario è un insulto a chi vuole rischiare, costruire qualcosa di nuovo, innovare, condividere, confrontarsi, produrre e migliorare. E' la difesa estrema di una mentalità lavorativa celebrolesa e anticreativa.
Non a caso, la parola "precario", è stata inventata da qualche vecchio parassita politico, o giornalista, o sindacalista.
domenica 19 giugno 2011
cambio.
Situazione attuale.
(questo blog, abbandonato,in disuso, ex-letto poco, ora non letto per nulla, per questo giro diventa un diario da rileggere in futuro)
Sono in fuga. Ho deciso di uscire dal gruppo per fare un'azione mia. Mi hanno seguito altri. Carichi. Siamo tutti carichi. Grinta. Voglia di cambiare. Olè.
E così la fuga va avanti. Tiro io, che sono informa. Tiro io, sì. E la fuga va avanti. La gente, il pubblico, applaude, tifa, sostiente. I giornali parlano, i siti anche. C'è consenso e entusiasmo.
Ma c'è anche la strada, mica solo spiana. Tutt'altro. Su giù. Mangia e bevi.
Quelli in fuga con me sono splendidi. Caricano anche loro. Incitano. Sono con me.
Ma,
un cambio! Datemi un cambio ogni tanto. Mettetevi anche voi fuori dalla scia e rischiate il fuori giri. Rischiate di vincere. rischiate di perdere.
Quando mi giro siete tutti lì. Vi voglio bene. Molto bene. Ma osate. Critici, artisti, galleristi, metteteci qualcosa in più del vostro tifo.
Quello c'è già, viene dal pubblico. Un pubblico fantastico che fa molto di più di quello che dovrebbe fare (chi conosce un progetto che sto facendo sa a cosa mi riferisco).
Ferrarini del futuro pensaci te.
(questo blog, abbandonato,in disuso, ex-letto poco, ora non letto per nulla, per questo giro diventa un diario da rileggere in futuro)
Sono in fuga. Ho deciso di uscire dal gruppo per fare un'azione mia. Mi hanno seguito altri. Carichi. Siamo tutti carichi. Grinta. Voglia di cambiare. Olè.
E così la fuga va avanti. Tiro io, che sono informa. Tiro io, sì. E la fuga va avanti. La gente, il pubblico, applaude, tifa, sostiente. I giornali parlano, i siti anche. C'è consenso e entusiasmo.
Ma c'è anche la strada, mica solo spiana. Tutt'altro. Su giù. Mangia e bevi.
Quelli in fuga con me sono splendidi. Caricano anche loro. Incitano. Sono con me.
Ma,
un cambio! Datemi un cambio ogni tanto. Mettetevi anche voi fuori dalla scia e rischiate il fuori giri. Rischiate di vincere. rischiate di perdere.
Quando mi giro siete tutti lì. Vi voglio bene. Molto bene. Ma osate. Critici, artisti, galleristi, metteteci qualcosa in più del vostro tifo.
Quello c'è già, viene dal pubblico. Un pubblico fantastico che fa molto di più di quello che dovrebbe fare (chi conosce un progetto che sto facendo sa a cosa mi riferisco).
Ferrarini del futuro pensaci te.
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