lunedì 25 gennaio 2010

Officina delle Arti - ruolo degli atelier.

L'altro giorno è passata dall'Officina delle Arti una giornalista e mi ha, inevitabilmente, domandato "Cosa succede all'Officina delle Arti?". La mia prima risposta è stata "Lasciamo perdere". Il mio primo pensiero è stato "Lasciamo perdere un merda!".
La prima risposta (il "lasciamo perdere") deriva direttamente da un sano istinto paraculo italiota che mi porta a evitare accuratamente argomenti che possono tirare in ballo qualche ego di qualche altra persona. Il primo pensiero (il "lasciamo perdere una merda!") deriva direttamente da un sano istinto padano da (ex) contribuente (ora sono in miseria) che mi porta a considerare 'mio' tutto quello dove 'io ci pago le tasse' e quindi 'chi usa i miei soldi è tenuto a rispondere a qualsiasi mia domanda che io ci faccio'.
Essendo un paraculo e non volendo ferire nessun ego, ne anche il mio padano, non riesco a non rispondere.
In realtà, nonostante questa lunga premessa, posso dire poco e non certo per mancanza di volontà ma perchè il ruolo che ho all'interno di Officina è semplicemente quello di dividere un Atelier con un artista folle di nome Sunghe Oh.
Certo, la parola "officina" può tradire: fa sembrare il ruolo del laboratori centrale per l'attività e la programmazione degli eventi. In realtà non è così: la parola "officina" serve fondamentalmente per definire la presenza fisica degli atelier. La programmazione è - legittimamente - stabilità dall'"alto", cioè dai Musei, che definisco la linea culturale e la programmazione. In seconda battuta subentrano gli atelier che possono proporre progetti; questi vengono valutati e inseriti nel programma verificandone la compatibilità.
Porto un esempio concreto: gli atlieristi non conosco quello che avviene in Officina e non ne conoscono la programmazione futura; non vengono - legittimamente - informati anche se ne fanno richiesta. Solo nel caso in cui viene presentato un progetto viene stabilito come e quando realizzarlo in base al programma già steso.
Apro una parentesi. Questa decisione gestionale dei Musei su Officina non coincide con il modo di progettare del nostro atelier (mio e di Sunghe) per un motivo molto semplice: riteniamo che per ideare e progettare un evento occorre un minomo di "basi": sapere indicativamente una data o periodo, cosa avviene nel luogo in cui viene inserito (cioè cosa c'è prima, dopo e durante), la situazione logistica e se vi è un minimo di budget. Queste esigenza sono fondamentali sopratutto perchè vi è il coinvoltimento di partner a cui veongono chieste idee, tempo e denaro, ed poco opportuno approciarsi e collaborare con dei "mah", "boh", "forse", "non sappiamo". Così abbiamo deciso di lavorare come Atelier di Officina al di fuori dello spazio fisico di Officina (vedi progetto Reggio Babele a palazzo Casotti e KI alla Casalgrande Padana). Parentesi chiusa.
Ammetto che erronemente avevo creduto che la progettazione e quindi la programmazone dell'Officina nascesse dalla collaborazione tra Musei ed Atelier. Ma mi sono clamorosamente sbagliato.
Per concludere, tento di rispondere alla domanda iniziale posta dalla giornalista, "che cosa succede in Officina?": è uno spazio espositivo tradizionale con mostre e, ogni tanto, eventi performativi alcuni dei quali provenienti dagli Atelier. Oltre alla normale attività espositiva sono presenti atelier di teatro, musica, architettura, cinema e pittura che quotidianamente svolgono la propia attività all'interno dei propri spazi.

post scriptum.
In questo primo post dedicato all'Officina ho tentato di spiegare come funziona e chiarire i rispettivi ruoli.
In un successivo post dirò quello che penso concentrandomi sulle potenzialità che può esprimere e il ruolo che può avere nel territorio.

9 commenti:

  1. Tutto chiarissimo.
    Puoi ripetere più lentamente?!

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  2. dividendo atelier con artista Simone Ferraren, Confermo tutta la spiegazione di Simo!
    per me, spaventosa questa realtà che succede sotto naso di noi solo da guardare come fosse tutto si muove alla norma che so io non lo è, sopratutto non è trasparente, molta nebbia interno all'officina! da considerare un micro realtà gestito dal Comune di Reggio Emilia con i soldi dei cittadini reggiani;....io sono ex-extracomunitaria da qualche decina di anni diventata reggiana quindi mi interessa a informare come una testimonianza e avere l'informazione non è mai stata chiara ma,non interessa parlare fra noi, invitare alcuni giornalisti che abbia le palle che competente fare un'indagine sulla situazione del luogo pubblico come l'officina dell'arti. sunghe

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  3. se è cosi che va bisogna fare uscire la notizia

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  4. Vediamo se riesco a spiegarmi da esterna...io ho sempre saputo da "esterna" ripeto, che officine fosse il luogo dove presentare dei progetti e questi in base alle direttive di chi lo gestisce, musei mussini e co, decidere se esporlo oppure no.
    E che gli atelier erano luoghi dati in gestione ai giovani artisti come borse di studio annuali ai meritevoli per sperimentare, lavorare ecc...
    Questo è quello che ho sempre saputo e che mi è stato detto da chi lo gestisce.
    Infatti la mia prima mostra a Reggio, mi venne proposta ai musei, sede allora delle esposizioni, nel lontano 2000 curata da Mussini e scelta definitiva degli artisti da parte di Dede Auregli. Poi arrivò il cambio sede ed è nata officine, che doveva teoricamente diventare una sorta di polo scambio fermento artistico che abbracciasse tutte le arti...ma mai saputo che gli atelieristi dovessero decidere o presenziare alle scelte dei progetti. Infatti la mia seconda mostra a Reggio fatta in officine è sempre stata fatta tramite una loro richiesta. Poi capisco che chi ci vive dentro sia differente, ma ti parlo da esterna, di una invitata...e quindi in un certo modo non a conoscenza se non di quello che gli viene detto da chi lo gestisce...bisogna quindi credo, capire dove sia la verità, chi dici chi e cosa, perchè se anche chi ha l'atelier può decidere è giusto dirlo e pretenderlo, bisogna vedere se c'è uno statuto o altro...poi se c'è da fare del casino, si fa...

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  5. Ottimo.. abbiamo un punto di vista da un'altra angolazione.
    E viene alla luce una realtà innegabile: c'è qualche impasse, qualche problema di comunicazione fra chi dirige, chi ci vive e chi ci espone.
    Qualche chiarimento sarebbe doveroso

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  6. Credo sia innazitutto importate chiarire all'esterno "cosa sia" officina e poi in seguito parlare anche di come funziona all'interno.
    Il post che ho scritto ha proprio questo obiettivo, cioè comunicare con l'esterno.
    L'idea che si è fatta Sonia è corretta, e conferma i ruoli e i meccanismi che ho spiegato. La mia paura è che in pochi hanno le idee chiare come Sonia (è un punto di vista esterno ma che comunque deriva da una collaborazione interna) e che l'idea generale sia, come dice Sunghe, avvolta da una sorta di'nebbia intorno all'officina' cha provoca parecchi dubbi sopratutto rispetto alle attività degli atelier. Forse è una paura infondata, ma chiarire non fa danno.
    Come vorrei chiarire che non ho scritto il post per rivendicare "il potere" degli atelier rispetto alla gestione dei Musei.

    Altro discorso è l'idea che abbiamo Sunghe è io di Officina delle arti che non coincide con l'idea dei Musei, ne per la linea culturale ne per la metodologia gestionale.
    Siamo più "sempliciotti" e "opportunisti": preferiamo sfruttare le collaborazioni (ad esempio trama creativa potrebbe essere sfruttata da officina) e approfittare delle attività quotidiane degli atelier (ad esempio sabato scorso nell'atelier del teatro c'era un regista che teneva un seminario e contemporaneamente nel nostro atelier una sperimentazione tra danza-pittura e musica che diventerà work shop e performance; perchè non aprire al pubblico questi eventi già pronti?)
    Approfondirò questa parte in un post successivo dove darò un idea più completa e corretta.
    Intanto chiudo il post con un post scriptum: gli atelier non ricevono borse annuali ma bensì hanno contratti d'affitto agevolati con scandenza biennale, per la precisione due anni con possibilità di un rinnovo per altri due anni.

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  7. Grazie Simone, alcune cose mi sono chiarite...anche se francamente non capisco da esterna ( e allora ecco la nebbia che ritorna)...nel senso se Officine doveva diventare un "polo" importante per quanto riguarda le arti a Reggio, e da come uno dei responsabili mi sottolineava a gran voce di dare opportunità a nuove idee, nuove collaborazioni...insomma sembrava a parole..."ma le parole sono importanti" ( diceva pure quello)...che officine fosse ampiamente disposta allo scambio, alle nuove iniziative per cui realtà come trama, ecc.. essere realtà indispensabili per la crescita e lo sviluppo di officine...si sono sempre lamentati che officine non partivano come avrebbero dovuto...insomma pareva, doveva essere una sorta di centro sociale legato alle arti...i soldi ho sempre saputo essere pochi, per un artista non passano il catalogo, ma solo cartolina e media in generale, evabbè ci sta...già tanto si dice c'è una realtà espositiva...ma credevo, speravo fosse più aperta, più dinamica in un certo senso...e tutte le iniziative ad esempio che trama propone, tipo anche il tappeto tattile, per citarne uno, si potesse elaborarlo anche dentro officine, e perchè no esporlo come opera finale...insomma mi credevo "libera", invece no...rimane sempre circoscritta l'idea, sempre compressa..poi si lamentano che ce ne andiamo...mah...aspetto altri post...

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  8. grazie a te Sonia che prendi a cuore l'argomento e ne dibatti. è importante che ci sia interesse verso una struttura che è di tutti, mica solo di chi ci sta dentro.

    La penso, anzi la pensiamo come te (credo di poter aggiungere anche Sunghe a buona parte degli atelieristi): l'Officina deve essere uno spazio aperto alla collaborazione, all'improvvisazione e alla sperimentazione.
    A questa idea si era anche iniziato a lavorare appena entrati, nel 2007. Eravamo riusciti a costruire una breve stagione che aveva come obiettivo "aprire" l'officina a nuove collaborazioni nel campo artistico e non solo.
    Avevamo coinvolto artisti, crtici, gallerie, associazione, cooperative sociali e costruito una serie di mostre brevi, concerti, spettacoli che mescolavano realtà reggiane ad altre proveniente dall'esterno, anche dall'Estero come germania e corea. Avevamo proposto anche soluzioni per il bar che alla fine era finito (grazie a Icarus Ensamble) in gestione a Jamal (direttore dell'orchestra di Tangeri) che ogni settimana aveva gente che suonava o ballava. Questa prima stagione doveva essere la base per una stagione successiva dove il coinvolgimento doveva allargarsi ulteriormente e aumentare la sperimentale.
    Poi per qualche motivo che sinceramente non ho ancora compreso, i Musei hanno deciso di cambiare linea: hanno chiuso il bar, interrotto la collaborazione con promusic (per la logistica), interrotta la comunicazione con gli atelier e lavorato in autonomia sulla programmazione stendendo un calendario di un anno e mezzo.
    Questo pur essendo incomprensibile è più che legittimo: i Musei e l'Assessorato hanno preferito mantenere una linea tradizionale dando priorità a esposizioni e, ogni tanto, inserendo qualche evento.
    Abbiamo anche tentato a più riprese di riavviare l'idea iniziata nel 2007, ma non abbiamo ottenuto successo.

    Il nostro atelier, nel suo piccolo, a comunque mantenuto la sua linea e la mantiente tutt'ora (nessuna virtu, e che ci piace far baracca!!!) e quindi rinnoviamo l'invito di trama a venire a produrre qualcosa da noi. dai!!!

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  9. Cavoli! Magari!...adesso finisco alcune cose, domani parto tra firenze e padova, su e giù che bel divertimento!!
    Ma quando rientro cerchiamo di vederci!
    Ci sono realtà in fermento nel nostro territorio troppo spesso schiacciato dalla retorica che ci vuole in un determinato modo, ma siamo altro, molto, e in forte espansione, la cosa più importante io credo, in questo momento è lavorare e prepararsi ad un forte cambiamento...un grande periodo di fame arriverà, e c'è molta gente che si affila i denti per mangiare chi fa polemica gratuita, ( per farsi spazio divorando), bisogna lavorare per una resistenza in senso grande e ampio...in fondo abbiamo esempi e memoria che ci distingue, essere pronti con i fatti al cambiamento. Vediamoci, sicuramente, nel frattempo confermerò a Ceci la serata del tappeto il 20 febbraio con una sana torta casalinga ( per via della baracca)...ma confesso che mi sarebbe piaciuto in questo "dibattito" sentire altre opinioni, di altri che la conoscono o non la conoscono officine...domande, richieste, valutazioni, dubbi...speriamo se ne continui a parlare...grazie a te di nuovo Simone

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